DIABETE 2: DI MADRE IN FIGLIO
L'età della madre, al momento del parto, può influenzare il peso alla nascita di suo figlio e il suo metabolismo del glucosio da adulto, specie se il figlio è di sesso maschile.
Queste affermazioni sono confermate dai risultati di una recente ricerca condotta in Belgio e ancora in attesa di pubblicazione, che sono stati presentati in occasione del convegno annuale della Endocrine Society a San Diego (ENDO 2015). Come ha spiegato Charlotte Verroken del Dipartimento di Endocrinologia del Ghent University Hospital di Gand, in Belgio, i risultati del loro studio indicano, in sostanza, che le donne che partoriscono in età giovane (sotto i 25 anni), o più anziane (oltre 34 anni) possono avere figli esposti a un differente rischio di diabete 2 in età adulta, e tale rischio appare condizionato dall’età della madre al momento del parto.
Viceversa, osservando uomini sani tra i 25 ei 45 anni, si è potuto dimostrare che il loro metabolismo glucidico era correlato all'età della madre al momento del parto, e una tendenza analoga si è evidenziata anche per il peso alla nascita del bambino, e per l’aumento della sua glicemia a digiuno in associazione a una diminuita insulino-resistenza. Queste associazioni erano indipendenti dall'età dei figli adulti osservati, dal loro peso alla nascita e dal valore del BMI al momento dell’osservazione. Nessuna associazione è stata trovata, invece, tra età materna e composizione corporea, pressione sanguigna o livelli di colesterolo della prole.
Fonte: dal sito www.obesita.it
DIABETE GESTAZIONALE: INDICATORI DI RISCHIO
Diversi parametri antropometrici possono fornire un’indicazione del rischio di sviluppare il disordine metabolico durante la gravidanza.
L’aumento eccessivo di peso e della massa grassa totale, dello spessore delle pliche cutanee e, specialmente, del grasso accumulato a livello del tronco, sono i principali indicatori del rischio nella donna di sviluppare il diabete gestazionale durante la gravidanza.
Queste conclusioni derivano da un recente studio che ha analizzato in un campione femminile multietnico la variazione di questi parametri antropometrici a partire dalle prime fasi fino alla ventottesima settimana di gestazione.
Lo studio ha coinvolto 728 donne incinte le quali sono state sottoposte in due occasioni (settimana 15 e settimana 28 di gestazione) ad esami antropometrici coadiuvati dalla misura impedenziometrica del contenuto di grasso corporeo.
Gli autori hanno chiaramente potuto dimostrare che l’aumento di tutti gli indicatori dell’adiposità considerati correlava con un aumento della probabilità di sviluppare il disordine metabolico.
Per ogni aumento settimanale di 0.14 kg del grasso a livello del tronco si assisteva ad un aumento del rischio (odds ratio) pari a 1.31, mentre per un aumento settimanale di 0.21 kg il rischio saliva a 1.23. In particolare, il livello di rischio associate a questi indicatori si manteneva invariato in seguito alla correzione per la resistenza all’insulina durante le prime fasi della gravidanza.
Fonte: C Sommer, K Mørkrid, A K Jenum et al. Weight gain, total fat gain and regional fat gain during pregnancy and the association with gestational diabetes: a population-based cohort study International Journal of Obesity (2014)
Fonte: www.obesità.it
La relazione tra stress e stile di vita è stata esaminata per oltre 2 anni in 312 bambini belgi dai 5 ai 12 anni, insieme alla composizione corporea e allo studio dello stress. Gli aspetti legati allo stress sono stati misurati con questionari riguardanti eventi negativi, emozioni negative, e problemi comportamentali.
I fattori dello stile di vita che sono sono stati valutati sono: l'attività fisica (da accelerometri), la durata del sonno, il consumo alimentare (cibi dolci, cibi grassi, snack, frutta e verdura), e il comportamento alimentare (emotivo, compulsivo, trattenuto). Le relazioni bidirezionali sono state esaminate con un’analisi cross-lag.
Tutte le relazioni tra stress e mangiare emotivo sono state moderate da sesso ed età: gli effetti dietetici sono stati principalmente osservati nei bambini e nelle bambine più grandi; la relazione stress e maggiore attività fisica nei più piccoli, mentre l'attività fisica tendeva a diminuire nei più grandi. Un effetto con direzione inversa è stata trovato nei comportamenti alimentari all’aumento degli stati ansiosi.
Dunque, secondo gli autori, i genitori dovrebbero rendersi conto che lo stress può influenzare negativamente la dieta dei bambini.
Fonte: dal sito www.obesita.it Longitudinal Association Between Child Stress and Lifestyle. Health Psychol. 2014 Aug 18
MENO PESO GIOVA AL CUORE DELLA DONNA
Una moderata riduzione del peso corporeo promuove la salute cardiovascolare nella donna adulta.
Meno peso giova al cuore nelle donne di età adulta, principalmente attraverso la correzione di alcuni fattori di rischio cardiovascolare di tipo plasmatico.
E' questa la recente conclusione di uno studio condotto dai ricercatori della University of Arizona di Tucson.
Le pazienti che avevano conseguito un calo ponderale significativo nei due anni precedenti alle misurazioni presentavano infatti una riduzione dei livelli di colesterolo totale nel sangue e del colesterolo a alta densità (HDL).
Non solo, coloro che mantenevano una riduzione pari almeno al 10% del loro peso corporeo iniziale presentavano anche una riduzione del colesterolo a bassa densità (LDL), della proteina C-reattiva, dell’insulina e dei trigliceridi, una situazione che permetteva di passare da una situazione di rischio cardiovascolare medio-alto a una di bassa entità.
I risultati dell’analisi sono stati presentati sulla rivista Journal of the American Heart Association e si riferiscono ad oltre 400 pazienti sottoposte ad un programma di sostituzione dei pasti e counseling nutrizionale.
Il messaggio importante dello studio rimane il fatto che anche una piccola ma significativa riduzione del peso corporeo in eccesso fa una grande differenza per il cuore.
Un calo ponderale equivalente al 10% del peso iniziale, infatti, sarebbe sufficiente per promuovere un impatto più che sostanziale sui fattori di rischio classici per i disturbi cardiovascolari.
La sfida resta, tuttavia, di trovare la maniera più efficace da parte dei medici di fornire un supporto costante al paziente necessario per favorire la costanza nei trattamenti e il rispetto delle modifiche apportate allo stile di vita.
Dow CA, Thomson CA, Flatt SW et al. Predictors of improvement in cardiometabolic risk factors with weight loss in women. J Am Heart Assoc. 2013 Dec
Fonte: dal sito www.obesita.it